Tregua liti, i concessionari si chiamano fuori. Nuovo onere della prova esteso ai processi in corso. Appello ammissibile con censure ad hoc. Sì alla Pec fuori dagli elenchi e in assenza di firma digitale. Nulla la notificazione senza prova di ricezione. Cartelle e pignoramenti distinti. Locazioni, l’Imu ha norme a sé. La capacità di produrre rifiuti limita la Tares. Tarsu dovuta anche su spazi d’acqua.

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Tregua liti, i concessionari si chiamano fuori

di Giuseppe Debenedetto

La definizione agevolata delle liti fiscali non si applica se il Comune ha affidato il servizio di accertamento e riscossione a un concessionario iscritto all’albo. Lo afferma in una nota l’Anacap (associazione nazionale dei concessionari delle entrate locali), ritenendo che una diversa interpretazione imporrebbe di adeguare il contratto per ripristinarne l’equilibrio.

Sul punto va però evidenziato che l’Ifel (fondazione dell’Anci) ritiene di estendere la definizione agevolata anche al concessionario affidatario della gestione delle entrate, in quanto soggetto che si sostituisce all’ente locale, come si evince dalla Nota del 5 marzo 2019 sulla definizione introdotta dall’articolo 6 Dl 119/2018. Inoltre, andrebbe considerato che la definizione delle liti potrebbe rivelarsi vantaggiosa per il concessionario, attesa l’alea del giudizio e la buona possibilità di incassare somme. L’Anacap pone comunque una questione che non va sottovalutata, per cui gli enti che intendono aderire alla definizione agevolata dovrebbero condividere la decisione con i concessionari.

Nuovo onere della prova esteso ai processi in corso

di Giulia Pulerà e Stefano Sereni

La nuova norma introdotta in occasione della riforma della giustizia tributaria secondo cui il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l’atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria, o se è comunque insufficiente a dimostrare le ragioni oggettive della pretesa impositiva, ha natura procedurale e si applica a tutti i procedimenti in corso anche iniziati prima del 16 settembre 2022. A fornire questa indicazione è la Cgt di primo grado di Reggio Emilia con la sentenza n. 33/12/2023.

Appello ammissibile con censure ad hoc

Deve ritenersi inammissibile, in violazione dell’art. 53 del dlgs n. 546/92, l’atto di appello che non prenda specifica posizione su capi di sentenza individuati di cui si chiede la modifica deducendo circostanze di fatto e norme giuridiche che si assumono dalla stessa violate. Si tratta del canone ribadito dalla Ctr del Lazio con la sentenza n. 3683/05/2022 depositata lo scorso 30 agosto.

Sì alla Pec fuori dagli elenchi e in assenza di firma digitale

di Nicola Borzomì e Fabrizio Cancelliere

La Cassazione con l’ordinanza 6015 del 28 febbraio 2023 si è pronunciata su tre importanti princìpi, due dei quali ancora oggetto di discussione nella giurisprudenza di merito. Il primo riguarda la validità della notifica di una cartella di pagamento proveniente da un indirizzo Pec non risultante da pubblici registri. Il secondo principio concerne la necessità o meno di sottoscrivere con firma digitale le cartelle di pagamento, in origine cartacee, notificate a mezzo Pec. Il terzo principio – quest’ultimo ormai recepito dalla giurisprudenza di merito, seppur dopo iniziali sentenze di segno contrario – attiene all’individuazione del termine prescrizionale applicabile alla riscossione dell’Ires, Irpef, Irap e Iva.

Nulla la notificazione senza prova di ricezione

È nulla la notificazione di una cartella che, in ipotesi di temporanea irreperibilità del destinatario, disciplinata dall’art. 140 c.p.c., sia dimostrata dall’ufficio solo con il deposito della ricevuta di spedizione di essa ma senza alcuna prova dell’effettiva ricezione. Tale canone è stato riaffermato dalla Ctr del Lazio con la sentenza n. 3717/04/2022 depositata lo scorso 6 settembre.

Cartelle e pignoramenti distinti

di Paola Cavallero

La cartella di pagamento incorpora in sé funzioni sia di titolo esecutivo che di precetto di pagamento, ma non determina necessariamente l’inizio della procedura esecutiva. Deve, pertanto, ritenersi ammissibile la notificazione della cartella anche dopo l’apertura della procedura concorsuale e, in particolare, dopo l’apertura di una procedura concordataria, posto che l’accertamento del credito da parte dell’Amministrazione finanziaria è condizione per la partecipazione della stessa alla procedura concorsuale e la cartella costituisce strumento per l’accertamento del credito o, comunque, per l’opponibilità dello stesso agli altri creditori. E’ quanto argomentato nell’ordinanza n. 3014 dell’1.2.2023 con cui la quinta sezione civile della Cassazione

Locazioni, l’Imu ha norme a sé

In caso di locazione finanziaria non può essere invocata la normativa Tasi per individuare il soggetto tenuto al pagamento dell’Imu. L’imposta municipale è sempre dovuta dal proprietario dell’immobile, anche in caso di mancata riconsegna del bene da parte del locatario. I due tributi hanno la stessa base imponibile, ma i presupposti applicativi sono del tutto diversi. La Tasi è dovuta sia dal proprietario che dall’affittuario ed è destinata al finanziamento dei servizi pubblici rivolti alla collettività. Infatti, proprio la fruizione del servizio pubblico indivisibile giustifica il pagamento dell’imposta da parte del locatario finanziario dalla data di stipulazione del contratto di leasing fino alla data di riconsegna del bene al locatore, che deve essere comprovata dal verbale di riconsegna. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza 6884 dell’8 marzo 2023

La capacità di produrre rifiuti limita la Tares

Sconfessa l’assoggettamento alla Tares la dimostrazione fornita dal contribuente diretta a far rilevare che i locali a cui l’ente comunale abbia applicato il tributo non siano suscettibili di produrre rifiuti solidi urbani perché adibiti a magazzino, senza alcuna presenza umana. È ciò che ha chiarito la Corte di giustizia tributaria di II grado del Lazio con la sentenza n. 4567/7/2022 depositata lo scorso 20 ottobre.

Tarsu dovuta anche su spazi d’acqua

L’assoggettamento alla tassa sui rifiuti non si limita a quei soli spazi, pur costituiti da aree scoperte, che siano sulla terraferma, dovendosi includere nella categoria di superfici utilizzabili e suscettibili di produrre rifiuti urbani da smaltire anche le estensioni su spazi acquei. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 5695/2023, depositata lo scorso 15 aprile.

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